I VOLONTARI CROATI SUL FRONTE DELL'EST

di Massimiliano Afiero

 

LA LEGIONE CROATA

Il giorno stesso dell'inizio dell'Operazione Barbarossa (22 giugno 1941) Ante Pavelic, il capo del nuovo stato indipendente croato, indisse una riunione di governo straordinaria. Vi parteciparono tutti i capi civili e militari del paese e si discusse di come la Croazia doveva partecipare alla Crociata contro il bolscevismo: le forze armate croate dovevano marciare sul fronte dell'est al fianco dell'alleato tedesco. Il leader croato mirava ad accattivarsi in questo modo la simpatia della Germania, per controbilanciare la mal tollerata dipendenza del paese dall'Italia fascista. Pavelic doveva molto a Mussolini e all'Italia fascista, ma la perdita di alcuni territori, l'imposizione di una Monarchia italiana, la dipendenza delle forze armate croate a quelle italiane, erano state mal digerite dal leader croato. Inoltre Pavelic sperava che da questa fratellanza d'armi con le forze armate germaniche, sarebbero usciti uomini altamente addestrati militarmente con i quali gettare le basi per la formazione del nuovo esercito croato. Alla fine della riunione, venne contattato dal generale Kvaternik, comandante delle forze armate croate, il rappresentante militare tedesco in Croazia, Edmund Glaise von Horstenau, il quale suggerì a Pavelic di contattare direttamente il Führer. Pavelic preparò una lettera per Hitler il giorno seguente, esprimendo in essa il desiderio di tutto il popolo croato di unirsi alla battaglia di tutte le nazioni che amavano la libertà contro il comunismo; Pavelic offrì l'invio di forze terrestri, aeree e navali croate per il fronte russo. Hitler rispose al poglavnik (leader) croato il 1 luglio 1941, accettando l'offerta croata e ringraziandolo per la sua pronta disponibilità. Hitler tenne però a specificare che l'apporto croato si sarebbe dovuto limitare inizialmente ad un corpo di spedizione di fanteria, equipaggiato ed armato dai tedeschi. Mentre per quanto riguardava le forze aeree e navali, sarebbe stato necessario prima addestrarle ed equipaggiarle adeguatamente. Il 2 luglio Pavelic rivolse un pubblico appello ai croati per invitarli ad arruolarsi nell'Esercito, nella Marina e nell'Aviazione tedesca per combattere la minaccia bolscevica per un'Europa unita. Accorsero circa 9.000 volontari ai centri di reclutamento che vennero sottoposti a severi criteri di selezione. Alla fine furono accettati circa 5.000 aspiranti volontari, che vennero raggruppati a Varasdian, mentre i volontari musulmano-bosniaci vennero radunati a Sarajevo. Dopo le prime visite mediche i volontari vennero trasferiti al campo di Döllersheim in Austria. L'unità croata, integrata nella Wermacht, venne organizzata come un reggimento di fanteria ricevendo la denominazione ufficiale di Verstärken Kroatischen Infanterie Regiment 369 (369° reggimento di fanteria croata rinforzato) con una forza complessiva di 3.895 uomini ufficiali compresi. Il termine “rinforzato” era giustificato dalla presenza dell’artiglieria, normalmente assente nell’organico di un reggimento di fanteria. L'ordine di battaglia del reggimento era il seguente:

 

compagnia comando

 

 

 

I° battaglione

3 compagnie fucilieri, con 12 mitragliatrici leggere, 3 mortai da 50mm e 3 fuciloni anticarro + 1 compagnia pesante, equipaggiata con 12 mitragliatrici pesanti e 6 mortai da 81mm

II° battaglione

Idem

III° battaglione

Idem

 

 

Gruppo Artiglieria

Batteria comando

 

3 batterie con 2 mitragliatrici e 4 obici da 105mm

 

 

Compagnia Armi pesanti

4 mitragliatrici e 12 cannoni PAK 35/36

 

Al reggimento venne aggregato uno Stato maggiore di collegamento tedesco. Come comandante del reggimento croato venne designato il colonello, poi generale di brigata, Ivan Markulj, già comandante di un reggimento bosniaco nell'esercito austro-ungarico. Come comandante di Stato maggiore venne designato il colonello Stjepan Grlic, mentre al comando del Gruppo Artiglieria venne posto il tenente colonello Marko Mesic. Tutti gli ufficiali croati provenivano dall'ex-esercito asburgico e quindi comprendevano e parlavano bene il tedesco. A Döllersheim venne costituito anche un Kroatisches Infanterie Ersatz Bataillone 369 (Battaglione complementi di fanteria croato 369) con una forza di circa 800 uomini, che avrebbe dovuto provvedere al rimpiazzo delle perdite e all’addestramento dei nuovi volontari. I legionari, come tutti i volontari inquadrati nella Wehrmacht, portavano la divisa tedesca e come unico distintivo nazionale avevano sulla spalla lo scudo con i colori nazionali croati: scacchi rossi e bianchi con la scritta Hrvatska (Croazia). Anche sull'elmetto a sinistra portavano il fregio a scacchi rossi e bianchi. Ad alcuni ufficiali venne concesso di continuare a portare l'uniforme croata con lo scudetto sulla manica sinistra e l'aquila tedesca sul petto a destra.

FRONTE DELL'EST

Dopo aver prestato il giuramento di fedeltà al führer e al loro Poglavnik Pavelic, il 21 agosto i legionari croati partirono per il fronte dell'est. Il reggimento venne trasferito via treno attraverso l’Ungheria a Dongena in Bessarabia. Da qui attraverso una marcia forzata di 750 Km attraverso l’Ucraina il reggimento raggiunse la linea del fronte per essere aggregati al Gruppo Armate sud. La marcia durò 35 giorni, fino a Budniskaja in Ucraina, e costò al reggimento 187 rimpatriati per problemi di salute. A Budniskaja, un gruppo di ufficiali tedeschi si unì al reggimento per completare le operazioni di addestramento. Il 9 ottobre 1941, il 369° reggimento di fanteria croato, venne assegnato al comando della 100a Jäger Division tedesca agli ordini del generale Sanne. Inizialmente i croati vennero impegnati nelle retrovie con compiti di sicurezza ed in azioni contro il nascente movimento partigiano, poi dal 13 ottobre il reggimento venne impegnato lungo il fiume Dnieper contro le forze sovietiche. Seguirono altri scontri intorno ai villaggi e alle cittò di Petrusani, Kremencug, Poltava, Kirovgrad, Stalino, Aleksandrovka e Garbatovo. Durante questi combattimenti, i volontari croati fecero migliaia di prigionieri, dal momento che i soldati russi preferivano arrendersi ai loro "fratelli" slavi, piuttosto che ai tedeschi. Con il sopraggiungere dell'inverno per i legionari iniziarono a sorgere grossi problemi relativi sia alla mancanza di equipaggiamento invernale adeguato per le rigide temperature russe (i casi di congelamento erano numerosissimi) sia alla mancanza di adeguate armi anticarro: i pezzi controcarro da 37mm forniti dai tedeschi si rivelarono inutili contro i carri medi e pesanti sovietici. Durante la controffensiva invernale sovietica dell'inverno 41/42 i croati furono duramente impegnati nel contenere e respingere i tentativi di penetrazione nemica contro le più mobili e meglio equipaggiate truppe sovietiche. Il 27 gennaio 1942, il I° battaglione della Legione riuscì a respingere un assalto della cavalleria sovietica, combattendo all'arma bianca durante una tormenta di neve. Seguirono mesi di combattimenti difensivi che temprarono lo spirito combattivo dei legionari, attirando l'ammirazione degli stessi comandanti tedeschi. Al'inizio di aprile arrivarono i primi rinforzi da Döllersheim, con i quali venne ricostituito il I° battaglione che lamentava il maggior numero di perdite. Il 31 maggio 1942 il reggimento croato venne menzionato ufficialmente nel bollettino dell'OKW per aver catturato 5.000 prigionieri sovietici. Dopo circa un anno di intensa attività, nel luglio 1942 il reggimento croato venne assegnato come fanteria di supporto alla 14a Panzer Division del generale Ferdinand Heim, combattendo nell'area di Kharkov. I legionari furono impegnati nell'inseguire i reparti sovietici in ritirata e nell'eliminare le sacche di resistenza. Il 13 luglio reparti croati riuscirono a catturare l'intero Stato maggiore di una divisione sovietica. Durante i combattimenti restò gravemente ferito il colonello Markulj; il comando del Reggimento croato passò al colonello Viktor Pavicic, comandante dell’Accademia Militare Croata. Continuando a seguire l'offensiva tedesca i croati iniziarono a spingersi verso sud-est in direzione del Don. Tra il 25 e il 27 luglio, nel villaggio di Selivanova la Legione sostenne un durissimo combattimento all'arma bianca e con scontri corpo a corpo contro ingenti forze russe. Dopo aver sloggiato il nemico da tutto il villaggio, gli ultimi superstiti russi si asseragliarono nell'edificio del Kolkoz chiamato Proljet Kultura: malgrado fossero circondati e senza via di scampo i sovietici combatterono fino all'ultimo rifiutando di arrendersi. I croati dovettero assaltare più volte l'edificio per avere ragione dei difensori che finirono tutti massacrati.  Alla fine, malgrado il successo, i croati lamentarono la perdita di 46 morti e 176 feriti. Il comando germanico concesse le prime croci di ferro di seconda classe. A Selivanova fu costruito anche il primo cimitero militare croato in terra russa. Il 26 agosto per colmare i vuoti creatisi nel reggimento, arrivarono circa 800 nuovi rincalzi dal battaglione complementi in Austria, mentre il reggimento era dislocato a Glakov nelle retrovie per essere riorganizzato. Tra la fine di agosto e la fine di settembre, mentre i nuovi arrivati completavano l'addestramento i legionari vennero impegnati in operazioni di ricognizione nelle retrovie per sventare eventuali attacchi partigiani. Il 24 settembre 1942, Ante Pavelic fece visita al reggimento croato, decorando molti volontari e colloquiando poi con il generale von Paulus comandante della VIa Armata tedesca. Il mattino del 26 settembre 1942 il reggimento ricevette l’ordine di spostarsi verso la linea del fronte a Stalingrado; con una marcia forzata verso sud-est attraverso i villaggi di Gomcar e Gumnik, dopo 14 ore di marcia, i croati arrivarono nei sobborghi della città sul Volga.

STALINGRADO

L’assalto tedesco a Stalingrado non fu così fulmineo, come era stato previsto dai piani dell’alto comando germanico. I russi si difendevano casa per casa, isolato per isolato, cantina per cantina, fin dal 16 settembre, da quando la 6a armata tedesca agli ordini del generale Von Paulus aveva raggiunto i sobborghi della città sul Volga. In ogni strada vennero erette barricate, che i tedeschi erano costretti ad abbattere una per una, con notevole dispendio di tempo, uomini e mezzi. Sotto le macerie delle case distrutte dai bombardamenti, i russi, come talpe, scavarono gallerie per mantenere i collegamenti e spostare le truppe. A difesa della città c’era la 62a armata sovietica agli ordini del tenente generale Ciuikov. Avvalendosi dell’appoggio della Luftwaffe, i tedeschi avanzavano tra indicibili sforzi nella conquista di Stalingrado. Quando le avanguardie della 6a armata raggiunsero la zona del porto sul Volga, la 62a armata sovietica rimase isolata. Gli sforzi tedeschi si concentrarono allora contro le fabbriche siderurgiche Dzerzinskij, Barricate e Ottobre Rosso, enormi strutture di cemento armato e ferro che resistevano bene ai colpi dell’artiglieria tedesca e che nei loro vasti impianti sotteranei permettevano una resistenza prolungata ai difensori. Il 25 settembre 1942 il reggimento croato entrò nella città e già dai primi combattimenti lamentò pesanti perdite. Il 30 settembre un gruppo croato guidato dal sergente Dragutin Podobnik con altri 18 legionari riuscì ad infiltrarsi al di là delle linee sovietiche nella Fabbrica Ottobre Rosso: il 54° reggimento tedesco stava da alcune ore attaccando il settore senza alcun risultato. Podobnik e i suoi uomini riuscirono a catturare 3 pezzi di artiglieria, 2 mortai, 1 mitragliatrice Maxim ed un gran numero di fucili, granate e pistole. In tutta l'azione i croati lamentarono solo 3 feriti leggeri. Alla data del 13 ottobre 1942 il reggimento croato era ridotto ad un solo scarso battaglione e due compagnie indipendenti per un totale di circa 983 uomini, inclusi tutti i rincalzi giunti dall'Austria. Proprio il 13 ottobre, il reggimento dovette avanzare ancora per altri 800 metri nel settore nord di Stalingrado, scontrandosi con la forte resistenza sovietica. Il 16 ottobre 1942, il generale Sanne decorò il sergente croato Dragutin Podobnik con la croce di ferro di prima classe insieme al colonello Pavicic. Durante i restanti giorni di ottobre il reggimento combattè ancora duramente intorno alla fabbrica Ottobre rosso, lamentando altre gravissime perdite. Un contrattacco sovietico lungo la strada principale accanto alla fabbrica venne respinto prontamente dai croati, con un altro altissimo contributo di sangue. Il 31 ottobre 1942 furono respinti dai croati ben dieci assalti della fanteria russa, contro l'edificio numero 10 della fabbrica Ottobre rosso. Il 3 novembre 1942, del 369° reggimento croato restavano una compagnia di fanteria con 98 uomini e 8 mitraglitrici leggere, una compagnia con mitragliatrici pesanti e 73 uomini, una compagnia anti-carro con solo 20 uomini e 6 cannoni. In tutto 191 uomini dei quali solo quattro ufficiali. Mancavano in questo conteggio gli uomini dell’unità di artiglieria i cui uomini e cannoni erano sparsi in varie unità tedesche. Il 4 novembre arrivò un altro battaglione di rincalzo con nuovi volontari dall’Austria, che però non riuscirono a ridare all’unità l’organico reggimentale. Il 6 novembre i superstiti della Legione Croata vennero aggregati al 212° reggimento di fanteria tedesco, continuando ad essere impegnati negli scontri intorno alla fabbrica Ottobre rosso.

LA CONTROFFENSIVA SOVIETICA

Intanto a Ciuikov stavano giungendo  rinforzi, che chiusero in una sacca le forze tedesche. I corazzati di Eremenko, Vatutin e Rokossovskij avevano accerchiato la 6a armata di Von Paulus a Stalingrado. Il 22 novembre 1942, Hitler informato, nel suo quartier generale a Rastenburg nella Prussia orientale, che la 6a armata a Stalingrado era stato accerchiata e tagliata fuori dal resto del fronte, ordinò a Von Paulus di difendersi e aspettare l’arrivo dei soccorsi. Il 23 novembre Von Paulus, dopo essersi consultato con i suoi collaboratori, inviò ad Hitler il seguente messaggio: “il nemico cerca di stringerci da ogni parte, tuttavia non è ancora riuscito a chiuderci la via d’uscita ad ovest e a sud-ovest, anche se si prepara a farlo. Le nostre riserve di carburante e di munizioni stanno per esaurirsi. E’ impossibile che i rifornimenti giungano in tempo. L’armata sarà annientata se, riunendo tutte le sue forze, non riuscirà a ritirarsi da Stalingrado”. Hitler convinto dalle assicurazioni di Göring che la Luftwaffe avrebbe potuto rifornire la 6a armata fino alla controffensiva liberatrice, ripetè a Von Paulus l’ordine di difendersi fino all’arrivo dei rinforzi. E così il Führer condannò alla distruzione 300.000 uomini. La Luftwaffe non fu in grado di rifornire gli assediati, e la controffensiva tedesca su Stalingrado non ebbe successo. In questo sfacelo il reggimento croato visse la sua odissea e il comandante Pavicic contò ancora una volta i superstiti: restavano ormai solo cinque ufficiali, nove sottufficiali e 110 soldati che continuarono a battersi valorosamente fino alla fine di novembre. Il cibo venne drasticamente razionato, cosi come le munizioni che cominciavano a scarseggiare. All’inizio di dicembre, la situazione era disperata: i legionari croati cosi come i loro camerati tedeschi continuavano a battersi tra la fame ed il freddo. Il comandante Pavicic, con i nervi ormai a pezzi, continuava ad emanare ordini da inviare ad unità che ormai non esistevano più. Il 17 dicembre, le acque del fiume Volga diventarono ghiaccio, permettendo ai sovietici di attaccare dalla zona est della città più facilmente. Il 10 gennaio 1943, il colonello Pavicic, nel suo rapporto al comando divisionale della 100a Jäger, scrisse:“Voglio notificarvi che dal 27 settembre, da quando sono arrivato a Stalingrado, fino ad oggi, i miei uomini hanno ricevuto solo quattro giorni di riposo. L’ultimo giorno di riposo, il 30 dicembre, è stato insufficiente per far recuperare le fatiche e il sonno agli uomini, dopo tre giorni e tre notti di combattimenti continui intorno alla fabbrica Ottobre rosso. I miei uomini non avuto il tempo per lavarsi, per radersi o tagliarsi i capelli. Immediatamente dopo questo breve riposo sono stati mandati ancora a combattere per eliminare una penetrazione dei russi nelle nostre linee. Essi hanno tenuto questa posizione fino al 9 gennaio, senza ricevere mai il cambio. Ancora oggi siamo sotto il fuoco incessante del nemico”.

LA FINE

Il 16 gennaio 1943, i russi lanciarono un attacco contro le posizioni croate, investendole da tre lati; la maggior parte dei legionari riuscì a ritirarsi, ma un gruppo comandato dal tenente Fiember rimase tagliato fuori, e pur difendendosi strenuamente alla fine rimasti senza munizioni furono completamente sopraffatti. Il tenente colonnello Kuhlwein tentò di salvare il giovane Fiember e i suoi uomini, contrattaccando ma senza successo; tutti gli uomini che parteciparono all’azione, Kuhlwein compreso, finirono uccisi dal fuoco nemico. I tenenti Zubcevski, Korobkin e Vadlja, con pochi soldati superstiti, continuarono a difendersi da questo massiccio attacco sovietico, fino a che tutti e tre rimasero seriamente feriti e furono allontanati dalla zona dei combattimenti. Il comando tedesco ordinò ai pochi croati rimasti di ritirarsi nelle retrovie, per impegnarsi nella costruzione dei fossati e delle fortificazioni intorno alla Accademia sovietica dell’aereonautica, che doveva servire come punto di difesa per l’unità. Subito dopo il colonello Pavicic, richiamato al comando della 100a Jäger Division, seppe di essere stato sostituito al comando del reggimento dal tenente colonello Mesic già comandante dell'unità di artiglieria. Pavicic doveva essere trasferito a Stokerau in Austria, dove si stava organizzando una divisione tedesco-croata (la Vrazja Division) da impegnare contro le forze partigiane in Jugoslavia. Il comando germanico aveva ordinato a tale scopo, la precedenza nell'evacuazione per via aerea dei feriti e degli specialisti necessari alla costituzione della nuova divisione. Dal 20 gennaio 1943, Pavicic scomparve nel nulla, e di lui non si ebbero più notizie. O l'aereo sul quale partì venne abbattuto, o rimase a Stalingrado dove rimase ucciso nei combattimenti. Il 23 gennaio 1943, 18 legionari croati feriti furono evacuati per aereo da Stalingrado: furono gli ultimi croati a lasciare vivi la città. Tra essi c'era sergente Ervin Juric che riuscì a portare con sé il kriegstagebuch (il diario di guerra dell'unità) del reggimento. Dopo la data del 23 gennaio, l'unica scritta apposta nel diario fu: 2 febbraio 1943, Stalingrado è caduta. Il tenente colonello Mesic, decorato con la croce di ferro di prima classe, e i pochi superstiti croati rimasti a Stalingrado, continuarono a battersi tra indicibili sofferenze. All’alba del 31 gennaio 1943, il generale Von Paulus, da poco promosso al grado di Feldmaresciallo, si arrese ai russi accettando la resa senza condizioni; tutto questo contro gli ordini di Hitler e cosa ancor più grave, all’insaputa della maggior parte dei suoi uomini per cui molti reparti tedeschi continuarono a combattere ferocemente in ogni buco, in ogni rifugio, in ogni anfratto dove potessero difendersi dagli incessanti attacchi russi. Soltanto nel pomeriggio del 2 febbraio 1943 le ultime truppe tedesche che combattevano a Stalingrado, l’11° Corpo d’armata del generale Strecker, cessarono di combattere. Il 3 febbraio 1943, il bollettino di guerra tedesco, annunciò la fine della battaglia di Stalingrado: "la lotta a Stalingrado è terminata. Fedeli al giuramento gli uomini della 6a Armata hanno lottato fino alla fine contro un nemico enormemente superiore. Il loro destino è stato condiviso da una divisione Flak della Luftwaffe, da due divisioni rumene e da un reggimento croato i quali sono stati fedeli alla fratellanza d'armi che li univa ai tedeschi". Mesic e pochi legionari si arresero ai russi nei pressi dell'Accademia sovietica dell’aereonautica. I prigionieri vennero trasferiti da Stalingrado a Mosca, dove vennero internati in un campo di concentramento, circondato dal filo spinato, senza baracche e senza servizi igienici. I prigionieri furono costretti a scavarsi delle trincee nel terreno per potersi riparare dalle intemperie. Durante il corso del suo internamento i sovietici offrirono a Mesic e agli altri prigionieri croati la possibilità di indossare la divisa russa con la promessa di un miglior vitto e alloggio. I croati rifiutarono sempre. Alla fine della guerra Mesic venne consegnato dalle autorità sovietiche al governo di Belgrado del compagno Tito, che provvide a liquidarlo come era già accaduto per tutti gli altri patrioti croati. I reduci dal fronte russo, una volta in Croazia, ricevettero un distintivo commemorativo a spilla a forma di una foglia di tiglio argentata con lo scudetto argento/rosso croato e la legenda: "1942 HRVATSKA LEGIJA".

 

Bibliografia

Massimiliano Afiero, "I volontari stranieri di Hitler", Ritter editrice                                    

C. Caballero Jurado, K. Lyles "Foreign Volunteers of the Wermacht 1941-45", Osprey Pub.

D. Littlejohn, "Foreign Legions of the Third Reich vol. 1-4", Bender Publisching

 

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